Iphone o Blackberry? Questione d’invidia

Il sentimento dell’invidia è sempre stato condannato dalla società, tanto da essere considerato, dal punto di vista morale, uno dei sette “vizi” capitali: svalutare le persone che si percepiscono come “migliori” di sé, spesso non limitandosi al pensiero o alle fantasticherie di tipo aggressivo e distruttivo, ma cercando oggettivamente di danneggiarle, ostacolandole in ogni loro progetto o iniziativa.

Tali soggetti sono, infatti, “colpevoli”, agli occhi dell’invidioso, di essere apprezzati e stimati dalla società più del dovuto o, comunque, più di quello che la persona mossa dal sentimento in questione ritiene giusto.

Quasi nessuno ammette di essere invidioso. Pochissime persone ne parlano apertamente, perché svelare questo sentimento è come rivelare al mondo la propria parte meschina e vulnerabile. Ciò spiega come sia più frequente osservare e analizzare l’invidia negli altri, piuttosto che nei propri pensieri e comportamenti.

Ad oggi, nell’era digitale, sembra possibile codificare tracce d’invidia a partire dalla lettura delle scelte di acquisto dei consumatori, dal possesso di oggetti di comunicazione cult come iPhone o BlackBerry.

Ne sono convinti tre ricercatori dell’università olandese di Tilburg, Niels van de Ven, Marcel Zeelenberg, and Rik Pieters, secondo cui “coloro che provano invidia nei confronti dei possessori di un iPhone (specifico oggetto dell’inchiesta) sono disposti a pagare anche 80 euro di più del prezzo di listino per averne uno loro”.

Secondo gli sperimentatori in questione, alla base di tale atteggiamento, esisterebbe un sentimento d’invidia, da leggersi, però, a partire dalla constatazione dell’esistenza di due differenti sfumature del medesimo sentimento:

  • l’invidia “buona” (Benign envy) corrisponde all’emulazione e, pur rappresentando, comunque, un’emozione dolorosa che si prova nel vedere qualcun altro riuscire dove abbiamo o a nostro parere avremmo fallito, non si provano sentimenti negativi di odio e rancore nei suoi confronti, non si cerca di ostacolarlo o di togliergli ciò che possiede. Si  percepisce, altresì, il desiderio profondo di arrivare al suo stesso livello, anziché abbandonarsi allo scoramento o alla maldicenza e alla denigrazione del più fortunato. Rappresenta,  dunque, uno stimolo, una motivazione verso l’automiglioramento, portando il soggetto a colmare le proprie lacune e valorizzare i suoi personali punti di forza. Nella cultura americana questi comportamenti sono perfettamente accettati e vi è, anzi, una incitazione esplicita ad identificarsi con il vincitore. Ciò non accade nelle culture latine, dove invece chi è più bravo o ha più fortuna non fa che umiliare gli altri, mettendo in evidenza l’altrui insufficienza e generando, così, malumori, complessi di inferiorità e desideri di rivalsa, anche con mezzi illeciti o illegali.
  • l‘invidia “cattiva” (Malicious envy), d’altra parte, non prevede e non auspica null’altro che il male, la sfortuna e la definitiva sconfitta del rivale.

Mediante una serie di esperimenti, gli autori hanno indagato e confrontato suddette differenti sfaccettature del medesimo affetto ed hanno scoperto che ad essere disposti a pagare di più sono SOLO le persone “benignamente” invidiose mentre i soggetti caratterizzati da malizia sembrano maggiormente inclini ad investire in prodotti affini ma diversi. Chi invidia l’iPhone di un’altro tenderà, quindi, ad acquistarne uno anche per sé, solo se lo ritiene meritevole di tale possesso. Acquisterà, invece, un altro prodotto, nello specifico un BlackBerry, se considera ingiustificato il fatto che l’altro possieda un iPhone.

I partecipanti alla sperimentazione sono stati suddivisi in tre differenti gruppi: al primo si chiedeva di immaginare l’invidia come un sentimento d’ammirazione (Benign Envy) nei confronti di un loro compagno di corso possessore di iPhone; al secondo di malizia (Malicious Envy); altri vennero, poi, invitati a fantasticare sui punti i forza del prodotto (condizione di controllo). Si chiedeva, poi, alla totalità dei soggetti, verso quale oggetto si sarebbero orientati per l’acquisto.

I primi scelsero l’iPhone, lo stesso dispositivo posseduto dal compagno oggetto di gelosia positiva, gli altri avrebbero comprato un BlackBerry, a dimostrazione del sentimento negativo che li animava.

Riflettendo su tale punto viene da sé che anche la scelta, da parte degli esperti del settore, delle celebrità che hanno il compito di pubblicizzare suddetti prodotti dovrebbe tenere conto, per quanto possibile, di tale inclinazione umana, di modo da evitare di evocare una forma negativa di invidia nei confronti del personaggio pubblico in questione, la quale spingerebbe il consumatore a NON scegliere il proprio articolo ma, di contro, rivolgersi alla concorrenza.

Giada Pietrabissa

Fonti: Journal of Consumer Research; Psicolinea.it


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